Smart working e stress da lavoro correlato: il paradosso dell’autonomia

29 Apr 2021

Tempo di lettura: 5 minuti

Smart working e stress da lavoro correlato: il paradosso dell’autonomia

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Lo smart working (o lavoro agile, o da remoto) è entrato prepotentemente a far parte delle vite di molti di noi ormai da più di un anno. Tra gli aspetti più discussi, di cui spesso sono stati evidenziati solamente i lati positivi vi è la percezione di maggiore autonomia del lavoratore mentre lavora da casa rispetto a quando svolge le sue mansioni in azienda.

Come abbiamo visto nel nostro foKus report 2021, alcuni sondaggi hanno evidenziato la correlazione tra l’aumento del benessere dei neo-lavoratori remotizzati con la loro percezione di maggiore autonomia, ad esempio in termini di orari di lavoro. Altri ancora ne hanno sottolineato i potenziali rischi sia a livello di produttività che di benessere.

Dove sta la verità? Proviamo a dare qualche risposta sulla base delle ricerche scientifiche condotte sull’argomento.

Negli ultimi mesi ti stai interrogando su come passare da un’organizzazione emergenziale della gestione delle risorse umane ad una più strutturata, pianificando cambiamenti che facciano tesoro di tutto quello che di buono e lungimirante c’è nel lavoro da remoto? Abbiamo provato a dare delle risposte a questo dubbio comune nel nostro ultimo foKus report: scaricalo ora, gratuitamente.

Autonomia o estraniamento? Le cause dello stress da lavoro correlato

Già dal lontano gennaio 2015, gli studiosi Timothy Golden e John F. Veiga, dell’Università del Connecticut, avevano affermato che esiste una correlazione tra l’auto-estraniamento del lavoratore con i suoi colleghi e un calo delle performance lavorative. 

La lontananza fisica e sociale dai colleghi di lavoro è una delle principali caratteristiche del lavoro da remoto, che allontana i componenti di un team spesso obbligandoli a mantenere i loro rapporti professionali da dietro lo schermo di un computer.

Nel suo lavoro di ricerca, Timothy Golden ha realizzato numerosi altri studi dedicati al benessere psico-sociale del lavoratore in diverse condizioni operative, molti dei quali incentrati sugli effetti sulla salute delle risorse umane mentre lavorano da remoto. 

È stata inoltre rilevato che, se il lavoro da casa è poco gestito e supervisionato dall’azienda di appartenenza, è possibile riscontrare un aumento di distress nel lavoratore che si trova nella condizione appena descritta.

Si potrebbe quindi affermare che il lavoro da remoto non è immune da condizioni di stress da lavoro correlato, ovvero secondo la definizione dell’European Agency for Safety and Health at Work, “la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste del contenuto, dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro, eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste”, regolato anche dall’art. 28 del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro.

Al momento, data l’urgenza di introdurre il lavoro agile anche in aziende che non lo avevano mai sperimentato prima, non vi sono dati certi e definitivi su quanto effettivamente lo stress da lavoro correlato possa influire sul lavoratore e sulla sua organizzazione del lavoro da casa.

Il ‘paradosso dell’autonomia’ 

Un utile spunto di riflessione ci viene offerto dagli studi sul modello di JD-C o “Job Demand and Control” di Karasek (1985), il quale ha ipotizzato che esistano due fattori fondamentali che determinano il livello di stress psicofisico al quale sono sottoposti tipi diversi di lavoratori:

  • richiesta, ossia lo sforzo fisico e psicologico richiesto per l’esecuzione delle mansioni
  • controllo, cioè il grado di controllo che il lavoratore ha sulla sua performance lavorativa.

Karasek postulò che livelli bassi di controllo non creano stress soltanto se anche la richiesta è bassa (lavori passivi). Quando invece la richiesta è alta, livelli bassi di controllo da parte del lavoratore ge- nerano forme intense di stress lavoro-correlato (lavori ad alto strain).

Secondo Karasek, quando il controllo è alto si hanno due scenari completamente diversi:

  • se la richiesta è bassa si avranno “lavori a basso strain”, ovvero “non pesanti”
  • se invece la richiesta è alta, si avranno “lavori attivi”: qui l’aumento della richiesta non genera stress perché, così postula il modello, in questa situazione si verificano necessariamente innovazioni organizzative che limitano lo stress del lavoratore.

In questo modello, lo smart working si configura come “lavoro attivo”: l’innovazione tecnologica e organizzativa che rende possibile la remotizzazione dei lavoratori ne aumenta il grado di autonomia—in termini di dove, quando e come lavorano—e questo, stando al modello di Karasek, migliorerebbe il loro benessere.

Eppure, i dati ci dicono che non è tutto oro quello che luccica: i sondaggi di questi mesi, difatti, mostrano che accanto all’autonomia dello smart working sono anche aumentati “effetti collaterali” come insonnia, eliminazione di orari definiti di lavoro (si lavora e si è reperibili a qualsiasi orario) e conseguente difficoltà a “staccare” e a separare la vita lavorativa da quella privata. Una variabile impazzita, insomma, che sfugge al modello J-DC.

Quello che ne consegue è una sorta di paradosso dell’autonomia: maggiore è l’autonomia lavorativa dei lavoratori remotizzati, maggiore è lo sforzo che mettono nel loro lavoro con effetti negativi sullo stress lavoro-correlato.

Seguendo il nostro grafico, l’autonomia non crea stress solo finché è di media intensità: quando invece è alta, c’è il concreto rischio che i lavoratori sviluppino forme di stress lavoro-correlato simili a quelle che avrebbero sviluppato se avessero avuto un grado minimo di controllo/autonomia.

Da tutto questo possiamo dedurre che c’è un confine oltre il quale il controllo che il lavoratore ha sul proprio lavoro cessa di essere un “antidoto” allo stress e, al contrario, finisce per generarlo.

Fin qui ti abbiamo incuriosito? Nel nostro foKus report trovi un approfondimento sulle teorie di Karasek sulle cause organizzative dello stress lavoro-correlato anche applicate allo smart working. Scaricalo ora.

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Esiste quindi una risposta unica e definitiva alle problematiche e alle contraddizioni sollevate dai nuovi paradigmi di lavoro da remoto? Al momento non è possibile avere certezze, ad eccezione del fatto che c’è ancora molto da fare per rendere pienamente sostenibile (da tutti i punti di vista) lo smart working, con un occhio attento al benessere e alla salute delle risorse umane che lavorano da remoto.

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1 It’s All About Coworkers: Understanding the Impact of Self-estrangement on Job Performance, https://www.researchgate.net/publication/291376408_It’s_All_About_Coworkers_Understanding_the_Impact_of_Self-estrangement_on_Job_Performance

² https://www.researchgate.net/scientific-contributions/Timothy-D-Golden-13038206

Scritto da Eukinetica Staff


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