Come motivare il personale a cambiare abitudini?

26 Set 2018

Tempo di lettura: 5 minuti

Come motivare il personale a cambiare abitudini?

[vc_row css_animation=”” row_type=”row” use_row_as_full_screen_section=”no” type=”full_width” angled_section=”no” text_align=”left” background_image_as_pattern=”without_pattern”][vc_column][vc_column_text el_id=”intro”]Come motivare i dipendenti a cambiare abitudini? È una di quelle domande che a volte fanno sentire piccoli piccoli, di fronte ad un problema troppo più grande di noi. Ci sono casi nei quali riuscire a motivare i dipendenti a cambiare abitudini è un plus opzionale. Quando invece si tratta di migliorare le condizioni di sicurezza e salute dei lavoratori – soprattutto nelle aziende dove si fanno lavori fisicamente pesanti – è davvero fondamentale che i lavoratori assumano delle nuove abitudini perché ne va della loro salute!

Perché un cambiamento di comportamento avvenga, però, c’è bisogno di motivazione. Come motivare i lavoratori a cambiare abitudini è un argomento di cui ci siamo già occupati: in questo articolo facciamo ordine tra le diverse possibilità che hanno le aziende organizzandole in base alla loro efficacia. Ne abbiamo tirato fuori 5 livelli di efficacia crescente.

Se sei un RSPP o un HR, speriamo che questo possa esserti d’aiuto nel pianificare interventi di WHP o di implementazione del D.Lgs. 81/08.[/vc_column_text][vc_empty_space][/vc_column][/vc_row][vc_row css_animation=”” row_type=”row” use_row_as_full_screen_section=”no” type=”full_width” angled_section=”no” text_align=”left” background_image_as_pattern=”without_pattern”][vc_column][vc_column_text]

Punto di partenza: il DVR e le misure correttive

Una situazione tipica è quella nella quale il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) indica che ci sono degli ambiti che richiedono misure correttive: i responsabili della sicurezza si attivano dunque per stilare un elenco di buone pratiche e farlo circolare tra i lavoratori. Di solito si tratta di un semplice documento testuale, organizzato per punti, che potrebbe iniziare così:[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_single_image image=”636″ img_size=”large” alignment=”center” qode_css_animation=””][vc_empty_space][vc_column_text]I lavoratori sono obbligati a leggere il documento e ad eseguire le procedure così come descritto, quindi siamo ottimisti: le procedure verranno messe in pratica. Ma siamo sicuri che tutti capiranno bene le nuove procedure, senza neanche un’immagine esplicativa?

Come reagiranno le persone a questa decisione presa dall’alto?

Quali motivazioni avranno nel cambiare le proprie abitudini?

Siamo sicuri che la stessa “regola” valga, ad esempio, per chi è alto 1,90 m e per chi è alto 1,60 m?

Se c’è una cosa certa è che questo approccio “procedurale” non permette al lavoratore di comprendere i principi che stanno dietro alle nuove regole e non potrà quindi sviluppare la necessaria autonomia di giudizio per valutare come applicare le regole in contesti non contemplati nell’elenco.[/vc_column_text][vc_empty_space][/vc_column][/vc_row][vc_row css_animation=”” row_type=”row” use_row_as_full_screen_section=”no” type=”full_width” angled_section=”no” text_align=”left” background_image_as_pattern=”without_pattern”][vc_column][vc_column_text]

Come motivare i lavoratori a cambiare abitudini.

Livello uno: apprendimento attraverso la pratica quotidiana 

L’approccio procedurale implicitamente si basa sull’idea che, una volta diffusa la notizia della nuova regola, sarà la ripetuta partecipazione alle attività lavorative quotidiane a determinare che la nuova abitudine si fissi nei comportamenti dei dipendenti. Alcune ricerche confermano che questo processo di ripetizione pratica quotidiana favorisce l’apprendimento di nuovi comportamenti ma non sembra essere tra le strategie più efficaci. Molti autori hanno infatti rilevato che non tutto l’apprendimento derivante direttamente dalle esperienze lavorative è appropriato, in quanto vengono apprese scorciatoie e aspetti di pratiche improprie se non pericolose.[note] Billett 1994a, 1994b; Harris & Volet 1997; Harris et al. 1996; Levitt et al. 2013. Vedi bibliografia in fondo all’articolo. [/note][/vc_column_text][vc_empty_space][vc_single_image image=”671″ img_size=”large” add_caption=”yes” alignment=”center” qode_css_animation=””][vc_empty_space][vc_column_text]Spese? Quasi zero: giusto la fotocopia di un file di word scritto dal RSPP.

Intendiamoci: meglio di niente. Ma si può fare molto meglio.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row css_animation=”” row_type=”row” use_row_as_full_screen_section=”no” type=”full_width” angled_section=”no” text_align=”left” background_image_as_pattern=”without_pattern”][vc_column][vc_empty_space][vc_column_text]

Livello due: comunicare meglio

I temi del benessere e dell’ergonomia sul luogo di lavoro si prestano ad essere comunicati sfruttando il canale emozionale, e questo facilita l’apprendimento dei destinatari. Per tornare al nostro elenco di procedure, immaginiamocelo provvisto di foto, informazioni aggiuntive e curiosità: si capirebbero meglio le procedure e, cosa importante, regole meglio comunicate risulterebbero più “friendly”, più vicine e, per questo, più persuasive. Col livello due iniziamo a rispondere alla nostra domanda “come possiamo motivare il personale a cambiare abitudini?”.

Spese? Pochine: stampa a colori di un progetto di design della comunicazione.[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_single_image image=”643″ img_size=”large” alignment=”center” qode_css_animation=””][vc_empty_space][vc_column_text]

Livello tre: la formazione

Se vogliamo favorire lo sviluppo di competenze individuali, il livello successivo è quello della formazione aziendale. Qui si va dai servizi formativi gratuiti offerti da alcune ASL attraverso progetti di WHP, a corsi di durata e argomenti variabili (dalla formazione obbligatoria per D.L. 81/08 al teatro d’impresa) erogati da formatori professionisti. La nostra formazione esperienziale rientra qui: un modo diverso per rispettare gli obblighi di legge sulla formazione obbligatoria in materia di sicurezza e salute dei lavoratori (D.L. 81/08) e allo stesso tempo un’iniziativa che è anche un benefit aziendale.[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_single_image image=”474″ img_size=”450×450″ add_caption=”yes” alignment=”center” qode_css_animation=””][vc_empty_space][/vc_column][/vc_row][vc_row css_animation=”” row_type=”row” use_row_as_full_screen_section=”no” type=”full_width” angled_section=”no” text_align=”left” background_image_as_pattern=”without_pattern”][vc_column][vc_column_text]

Livello quattro: il follow-up

Tutte queste attività riscuotono successo tra i partecipanti e si ha molto spesso al termine dei corsi un’impennata di interesse verso i nuovi temi affrontati insieme ai colleghi. Purtroppo, all’impennata spesso segue un inesorabile ritorno alla normalità. Non vi è mai successo che al termine di un evento ci fosse un’ebollizione di buoni propositi che poi sono spariti nell’arco di qualche settimana? Dite la verità! 😉

Il problema del prolungamento dell’impatto della formazione nel tempo è un tema cruciale per chi come Eukinetica lavora per motivare i lavoratori a cambiare abitudini. Dopo i booklet e i kit del benessere, ad esempio, abbiamo da poco ultimato la produzione di follow-up video: brevi, accattivanti, orientati alla pratica degli esercizi visti in aula e pensati per essere visualizzati anche da cellulare dentro e fuori il luogo di lavoro.

Ripetere lo stimolo nel tempo è una strategia che dà sicuri risultati.

Spese? Meno di quanto si possa pensare.[/vc_column_text][vc_empty_space][vc_single_image image=”638″ img_size=”large” alignment=”center” qode_css_animation=””][vc_empty_space][vc_column_text]

Livello cinque: apprendimento guidato peer-to-peer.

La strategia più efficace nel cambio di abitudini dei lavoratori è l’apprendimento guidato peer-to-peer.

L’assunto di base è semplice: quando lavoriamo è normale che seguiamo i consigli di un nostro collega esperto, uno che condivide la nostra stessa quotidianità lavorativa e magari ne sa più di noi. L’idea allora è altrettanto semplice: formare un gruppo di lavoratori a diventare mentori di un particolare argomento (nel nostro caso l’ergonomia e il benessere sul luogo di lavoro) e poi seguirli “da lontano” per qualche mese per assisterli nel loro nuovo ruolo all’interno del reparto. I risultati di Billett (2000, 2002) sottolineano che la presenza di un lavoratore-mentore assicura:

  • un continuo flusso di informazioni e chiarimenti, erogati in modalità ben comprensibili ai colleghi (vicinanza culturale, condivisione difficoltà, solidarietà);
  • una maggiore focalizzazione dei lavoratori sui propri compiti e sui modi migliori per espletarli (stimolo a sviluppare competenza professionale);
  • una maggiore motivazione del gruppo di colleghi a cambiare abitudini seguendo i consigli del mentore.

Il collega-mentore unisce i processi di acquisizione di conoscenze del learning-by-doing (osservazione e imitazione) con quelli dell’apprendimento guidato (analisi e riflessione): insomma, un investimento davvero lungimirante, adatto per chi non solo vuole motivare i dipendenti a cambiare abitudini, ma intende creare un ecosistema aziendale virtuoso, dove i lavoratori sono innanzitutto persone e il luogo di lavoro viene visto come uno spazio nel quale poter anche fare cultura del benessere e della prevenzione.

Ora la palla va agli RSPP e HR: come motivare un lavoratore a diventare mentore? 😉

 

Pierpaolo Di Carlo

Ricerca & Sviluppo Eukinetica

pierpaolo.dicarlo@eukinetica.it

 

Photo credits: Mikito Tadeisi and Ben White on Unsplash.[/vc_column_text][vc_separator type=”normal” color=”#939393″ thickness=”1″][vc_column_text]

Bibliografia:

Billett, S. 1994a. Situated learning: a workplace experience. Australian Journal of Adult and Community Education, 34, 2: 112-30.

Billett, S. 1994b. Authenticity in workplace learning settings. In Stevenson, J.C. (a cura di) Cognition at Work: The Development of Vocational Expertise: 36-75.

Billett, S. 2000. Guided learning at work. Journal of Workplace Learning, 12, 7: 272 – 285. http://dx.doi.org/10.1108/13665620010353351

Harris, L. e Volet, S. 1997. Developing a Learning Culture in the Workplace. Murdoch: Murdoch University.

Harris, R., Simons, M., Willis, P. e Underwood, F. 1996. Pandora’s box or Aladdin’s cave: what can on and off-jobsites contribute to trainees’ learning? Proceedings of “Learning and Work: The Challenges”, 4th Annual International Conference on Post-Compulsory Education and Training, Volume 2: 7-19.

Levitt, Steven D., John A. List e Chad Syverson. 2013. Toward an Understanding of Learning by Doing: Evidence from an Automobile Assembly Plant. Journal of Political Economy, 121, 4: 643-681.

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Scritto da Pierpaolo


Cosa vuol dire oggi praticare la leadership?
Come leggere i fenomeni emergenti quali, ad esempio, la Great Resignation i cui numeri cominciano a far riflettere anche in Italia?
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Per il 2023 ci siamo posti l’obiettivo di provare a dare riscontri concreti su come sarà questo periodo di New Normal, l’era post pandemia che si porta dietro un’eredità consistente e una maggiore consapevolezza sul benessere da parte dei lavoratori. Una consapevolezza, questa, che rappresenta un cambio di paradigma nel modo di concepire il ruolo HR, nella nuova realtà che stiamo vivendo. Il foKus report è un REGALO esclusivo per te:

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